di Cristina Sperindio

La mia esperienza è stata quella di conversare serenamente sull’arte intervistando un artista del nostro tempo, dei nostri giorni. L’artista in questione è Paolo Soro, nato in Sardegna, trasferitosi ad Urbino dopo il liceo artistico per frequentare l’Accademia di Belle Arti; Paolo ha quarantun anni e vive nel mio paese, Carpegna, dove si è sposato e ha due figli. Conduce una vita molto solitaria ; se lo si vuole incontrare lo si può trovare nel suo laboratorio mentre lavora.Oltre all’amicizia che mi lega alla famiglia Soro sono stata spinta, e direi che è la causa principale, dalla curiosità di conoscere Paolo nel suo lavoro e così abbiamo iniziato a riflettere sulla diatriba che si era aperta su una mostra di giovani artisti nel nostro paese e sui giudizi diversi che ognuno di noi aveva. Mi sono accorta di aver avuto più di una semplice intervista a domanda e risposta, ma un dialogo e un confronto che hanno messo in evidenza più l’artista “uomo “ con le sue doti e i suoi limiti che l’artista “ creatore “ ( sarebbe necessaria un’ulteriore approfondimento sui ricchi contenuti delle diverse opere ! ). 

Paolo Soro conosce l’arte ma non ha l’ambizione di dover insegnare allo spettatore come leggere l’opera o come guardarla, non impone il suo pensiero. Il suo gesto è un gesto puro, primitivo, è un gesto di offerta. Lascia allo spettatore la libertà di immedesimarsi con l’opera, di ricrearla nel proprio immaginario attraverso la libera interpretazione. Per dirla con una sua frase : “ La gente che guarda le mie opere non può vedere ciò che vedo io perchè non abbiamo tutti gli stessi occhi “. Non vuole condizionare attraverso il suo giudizio, mostra solo ciò che vede, ciò che passa attraverso lui, ciò che incontra durante il percorso della sua vita mantenendo una domanda sempre aperta sul mistero dell’uomo. E’ un artista di questo tempo ma guarda all’arte senza distinzione di tempo, incuriosito ma distaccato da molte cose che accadono. Il suo sguardo è fisso all’uomo, non è rivolto alla collettività ma al singolo individuo e al suo rapporto con il mistero della vita e della morte. Le sue opere non parlano di viaggi fantastici o di scenari desolanti , ma dell’uomo creatura che lavora con la coscienza di operare frammenti, tracce piene di significato.

La sua , a mio parere , eccessiva chiusura con il mondo artistico lo porta ad una rielaborazione continua, a perfezionare il suo linguaggio personale. Come tutti gli artisti di vecchio stampo (quelli delle “ vitae “ del Vasari ) è una persona schiva ; non emerge un legame forte con artisti contemporanei (tranne che durante le mostre.) ma piuttosto un legame di affetti e comunicazione culturale con persone che svolgono altre attività. Ciò l’ho reputata una ricchezza da un lato ma una mancanza dall’altro. E’ un artista umile ed egocentrico che si confronta con difficoltà forse perchè non ha trovato ambienti artistici a lui consoni, dove si sentisse coinvolto in un dialogo ; vive la sua arte con uno sguardo ai graffiti delle caverne e con l’altro agli \esiti del nostro tempo ma che ha indubbiamente nel cuore la terra sarda e quella impronta nuragica così poco definibile perchè originaria. Avrei voluto incontrarlo “ dentro “ le opere , dedicando più tempo ai suoi contenuti , ma ciò non è stato possibile. Ho però compreso con maggior chiarezza cosa è chiesto ad un artista , una fatica estremamente affascinante non solo nella forma estetica ma nel cammino che ne costituisce le tematiche.

·      Che rapporto c’è tra arte e realtà, tra arte e vita ?

C’è una relazione fortissima con la realtà perchè la realtà è il principio, è il luogo della costruzione, non si parte da qualcosa di astratto e di slegato dalla contemporaneità.Se un artista ha vissuto la seconda guerra mondiale molte delle sue opere saranno in relazione con questa esperienza. Il rapporto arte-realtà è uguale al rapporto arte-vita.Alcune mie opere ( ad es: il “ Gulag “ ) non nascono da un’esperienza diretta ma dalla testimonianza di altri artisti, pittori, scrittori.Quest’opera è stata ispirata da Solzenicyn. Come uomo e come artista vivo con la mia sensibilità, filtro e creo una mia opera e interpreto la realtà descritta da un altro, esprimo un mio pensiero su quell’evento. Anche scolpire una maternità è un evento.  Questo modo di porsi alla realtà coinvolge quindi non solo gli avvenimenti storici, politici o poetici, ma tutto ciò che circonda un  uomo : le sue domande, le sue relazioni, il rapporto con la società, con la fede. L’artista non è un caso patologico, un’esistenza a sè, è piuttosto un uomo che quotidianamente incontra altre persone, non necessariamente artisti..anzi ! Picasso nella sua enorme fantasia era un buon padre di famiglia. C’è spesso una separazione voluta tra vita privata e vita pubblica dell’artista, ma questo lo trovo artificioso. La realtà è particolare, è una verità esistente per ogni persona, dipende poi da cosa l’artista riesce a filtrare di essa e a comunicare attraverso le sue opere. Si può filtrare anche solo una parte di questa complessa realtà : Durer la realtà sociale, il Beato Angelico l’aspetto religioso…ma ogni particolare, che è un frammento, porta in sè il tutto, manifesta un aspetto che richiama ad una comprensione più ampia dell’esistenza.

·      La religione ha condizionato il suo lavoro ?

Si può introdurre la parola religione perchè questa per me è un “ incontro necessario “ ( titolo di un’opera ) nella vita e nel lavoro artistico. Più che dalla religione in sè il mio lavoro è stato condizionato da una domanda sull’esistenza , dal senso religioso che è insito in ogni uomo; poi questo interrogativo  può condurre il cammino ad una fede personale. Partecipe delle mie opere è questa domanda prima sull’uomo. L’interrogativo sulle origini e sul destino umano è sempre presente nella storia, a livelli diversi : dal big bang alle riflessioni di Darwin, dagli interrogativi filosofici di Kierkegaard alla mistica di Adrienne von Speyr. Per me c’è stato un incontro dopo l’altro che ha portato alla scoperta del trascendente.

·      Molte delle sue opere sono definite “ arte sacra “ : perchè ?

In molti scritti è definita così  ma ciò non è del tutto corretto, è piuttosto una conseguenza di alcune committenze. Del resto l’esistenza o la definizione di “ arte sacra “ è oggetto di riflessioni conflittuali in ambito contemporaneo. Non è fatta solo di liturgia la mia arte. A mio avviso c’è una sacralità nell’arte nel momento in cui essa compie un percorso di sguardo attento all’uomo, all’esistenza. . Nel momento in cui l’arte si pone con questo sguardo ha  qualcosa di sacro in sè. Non solo l’arte che raffigura un angelo o quella medievale- rinascimentale, ma anche quella contemporanea, non sempre facilmente comprensibile, rappresenta la sacralità dell’esistenza. Questa questione è spiegata molto bene nella “ Lettera agli artisti “ di Giovanni Paolo II dove viene trattata tutta l’arte. L’artista ha la dote di creare, di cogliere molti aspetti della natura delle cose , sente ed esprime , ma ha un compito e una eredità : rivisitare l’opera del Creatore.

Molte sono le linee del nostro tempo e credo che alcuni artisti abbiano puntualizzato più la reazione, il rifiuto del trascendente, la protesta, ma così abbiano a volte dimenticato l’uomo stesso. Ci sono poi tentativi a mio avviso drammatici che manifestano invece una nostalgia, un disagio e un bisogno di sacro nella vita. Molta arte poi la definirei distratta o mancante, poco legata all’uomo più che al problema di Dio! Nella scultura “ Ulisse “ ho rappresentato l’uomo che cerca, che ha una domanda (chi sono e dove vado). La domanda di Ulisse è quella originaria, quella vera di ognuno. L’ho poi scolpito come guerriero perchè è il suo aspetto umano e materiale, è un uomo legato ad un’arma (la lancia), a degli strumenti di battaglia ( il cavallo-macchina ). Ulisse abbraccia quasi costretto la sua arma, accetta il suo ruolo ma guarda oltre, con nostalgia, ad un luogo di appartenenza ( le sue origini, la sua terra, la sua famiglia che attende il ritorno ).

·      Lei ha parlato di spiritualità. E’ così immediato comprendere la spiritualità nell’arte contemporanea ? Prendiamo ad esempio Kandinskji che accenna ad un “contenuto interiore” ma ci pone di fronte alla fatica di un’arte astratta .

Ci sono dei luoghi dove tu vai e dici “ è bello “. Questa constatazione appartiene alla natura umana e rimanda ad un qualcosa che non va spiegato ma che tu vivi e basta. Ogni possibile comprensione di un’opera d’arte dipende dalla struttura e dal condizionamento che hai tu. L’artista opera a suo modo, in un momento drammatico o gioioso ma questo resta ultimamente un mistero ; ognuno invece interpreta secondo una propria esistenzialità e questo è il paragone che si crea e che vale di fronte all’astratto o al figurativo, all’arte classica o a quella contemporanea. Solo scoprendo questo legame può nascere un giudizio sull’opera e sull’artista.

·      Ci sono artisti contemporanei che dipingono di getto ( come Pollock ) privilegiando il gesto, l’azione.Se queste opere hanno in fondo una spiegazione unica, cosa le rende interessanti a suo giudizio?

Ogni passo dell’arte ha una spiegazione storica , è legato ad una realtà. Facciamo alcuni esempi : l’arte classica rappresentava la figura umana esprimendo la bellezza quasi divina , la perfezione ; nella cristianità l’arte è manifestazione di un cammino religioso, assume un valore etico e teologico. Fin dalle origini l’arte è legata ad una visione metafisica , ha espresso aspetti rituali , antropologici e sociali di intere civiltà. Anche il novecento è dentro questa dinamica. La nascita dell’industria ha coinvolto l’artista ma lo ha poi abbandonato come superfluo, un lavoro di cui se ne può fare volentieri a meno. Con la fotografia sono scomparsi i ritratti pittorici , dall’artigiano e dall’artista si è passati al materiale di serie, a costi più bassi e a tempi brevi. L’artista si è dovuto ricreare una nuova identità ed ecco le diverse sperimentazioni , le nuove ricerche ; artisti che insieme intraprendono diversi cammini ( le avanguardie ) o che formulano manifesti espressivi del pensiero ( astrattisti, concettualisti.. ); si è dato vita a tanti stili con nuove tecniche: espressionismo, cubismo, surrealismo…. che interpretano la realtà a partire dai dati della psicanalisi, dalle invenzioni tecniche ponendo nuovi percorsi per la ricerca artistica. Non si può dunque dire che c’è una spiegazione unica di molti fenomeni, sarebbe riduttivo nei confronti di un complesso e drammatico percorso di ricerca. Ciò che rende interessante Pollock è la testimonianza che egli rende al suo tempo, l’America degli anni cinquanta. Una parabola discendente che si conclude in un tragico epilogo personale

·      Per la sua storia l’America ha guardato e copiato l’Europa, perchè priva di una propria tradizione pittorica. Il novecento americano è stato fertile anche a causa delle forzate migrazioni di artisti europei …

Il novecento americano ha generato  tanti artisti; il rapporto che c’è tra artista e pubblico e tra artista e committente è diverso dal nostro,  migliore anche dal punto di vista economico. In Italia non c’è molta comprensione dei nuovi percorsi artistici e spesso la ricerca resta inibita, troppo influenzata dalla tradizione. Con il committente il rapporto è difficile perchè si resta legati a dei canoni che non permettono un paragone autentico, un dialogo. Noi europei siamo portatori di una storia unica nella sua grandezza ma è necessario portarla avanti con percorsi nuovi. L’America è debitrice all’Europa del novecento, agli artisti emigrati ( un debito reciproco senza dubbio ). Oggi poi il discorso artistico americano è un’avventura nuova, è un crogiulo di culture ed etnie ancora più ampio.

·      Ricordo che il Caravaggio dovette modificare la prima opera che fece su commissione “  S. Matteo e l’angelo “ per S. Luigi Dei Francesi

Si, comunque è rimasto dentro la sua modalità stilistica, non è stato così influenzato…altrimenti si diventa artigiani.!

·      Alexandre Calder : quanto l’ha influenzata ?

Calder viveva l’arte come gioco, il momento della creazione è vissuto con gioiosità e questo mi piace. Un artista è maestro per come si pone di fronte alle sue opere. Così è nata la mia ammirazione anche per Moore e per Nivola : non maestri di una tecnica, di uno stile , ma di un amore per l’arte, di un gesto e una modalità di rapporto.

·      Bacon afferma di essere stato influenzato anche da Picasso: lei, ultimamente, da chi ?

Da tanti artisti , spaziando dall’arte classica a quella moderna, senza rifarmi ad un unico maestro. Molti “ maestri “ a cui mi rifaccio non sono artisti e questo mi ha fatto più volte riflettere. Ritengo che in questo fine secolo non ci sia una vera identità , ossia io non vedo un’identità specifica nell’arte. Ogni corrente artistica è paragonabile ad un cavallo a briglie sciolte che corre per cercare una propria identità , qualcosa in cui identificarsi. Molti fanno da eco ai grandi artisti, molti entrano in un meccanicismo accademico, in un discorso ripetitivo.
A me è sempre piaciuto guardare là dove la creatività è stata forte, stimolante,vissuta nella diversità. Gli scalpellini antichi con la loro fantasia, il Rinascimento del Verrocchio e di Michelangelo , le opere degli impressionisti, di Calder, Moore, Giacometti. Come le ho già accennato non si guarda il maestro nell’opera ma nella dinamica creatrice che conduce ad un’opera. Quando si guarda l’architetto Gaudì nella sua fantasia, si capisce che la sua creatività è legata ad una propria storia che lo ha formato fino a quel momento e non tanto all’imitazione , reinterpretazione o modificazione di idee

·      Non le sembra esagerato il fatto che ognuno voglia superare l’altro con nuove invenzioni? C’è ancora un margine per definire chi è artista oggi ?

Forse l’esigenza di ricercare una propria identità o di riflettere la storia ha lasciato posto ad una competizione estetica o ad un personalismo sfrenato: lampante è la provocazione dell’artista che ha portato i propri escrementi ad una biennale con il titolo “ escrementi d’artista “.

·      Il novecento, volendo tagliare con il passato, ha generato una miriade di focolai che poi si sono repentinamente spenti: Viene da chiedersi “ chi è l’artista “: un competitivo, un personaggio che vive nella rottura con le esperienze precedenti, colui che rispetta dei canoni, chi emerge per capacità intuitive ? Ma non è più difficile definire l’artista oggi?

Si, è più difficile. Resta però il fatto che definire un artista è una valutazione legata a dei parametri evidenti che non sono l’ambizione o la pubblicità che gli si fa attorno. La selezione la fa la storia.

·      L’artista ha una responsabilità sociale ? L’arte è educativa ?

L’arte non è di per sè educativa e non ha una diretta responsabilità sociale. E’ semplicemente un cammino che esprime un’intuizione.

·      Che funzione ha allora l’artista?

L’artista è presente nella vita sociale perchè vive la propria epoca. Non ha funzioni socio-politiche o educative ma si caratterizza per il suo specifico messaggio. Partecipa alla vita e interpreta gli avvenimenti.

·      Si sente un artista che “ deve “ cambiare , visto che siamo entrati nel nuovo secolo ? Sente la necessità di effettuare mutazioni radicali? Nel trapasso del secolo si avverte l’esigenza di un rinnovamento?

L’esigenza di cambiamento è insita in ogni persona. Non sento l’esigenza di cambiamenti radicali, netti e improvvisi. Il vero cambiamento è avvenuto per me agli inizi del cammino artistico quando da una miriade di intuizioni , molto forti, ho iniziato a fare delle scelte che poi ho consolidato negli anni. I mutamenti ora sono sottili, profondi ma dentro un percorso e soprattutto sono continui.

·      Bacon affermava che spesso si comincia un’opera con un’idea poi durante il percorso si devia. Viene fuori così una creazione che non ha titolo, o meglio astratta, senza significato, senza tema. Questa considerazione torna identica in Pollock .Anche nella scultura è così?

Si, non posso essere legato ad una idea iniziale. L’idea è qualcosa di molto elastico che esprime un sentimento, a mano a mano elaboro e rafforzo questo sentimento. L’opera non sarà mai perfettamente identica all’idea iniziale ma si modifica sempre nel percorso.

·      C’è un legame tra arte e fotografia ? Nell’arte di Bacon è stata importante…

Un film  è un insieme di attimi e la fotografia è uno di questi attimi.

A mio avviso non c’è differenza tra la fotografia e un quadro dell’iperrealismo russo : grandi paesaggi innevati espressi con tecniche diverse ma con un atteggiamento pressochè simile.

·      Che rapporto ha con il critico ?

Se il critico è anche uno storico, come è avvenuto nella tradizione (ad esempio il Vasari ) diventa un rapporto interessante. Il critico mette in gioco il pensiero dell’artista e da qui può nascere un bel confronto, un paragone su due posizioni che partono da storie diverse.Con il critico avviene un incontro privilegiato … ma non sempre! Alcuni li ritengo acutissimi dal punto di vista delle conoscenze ma purtroppo tendono a sostituirsi all’artista stesso reinventandolo a loro modo e allora il rapporto diventa sicuramente un disagio, una banalità. Molti artisti , per carattere o per  scarse capacità dialettiche a presentare il proprio lavoro, sono spesso ripensati totalmente dai critici e questo tipo di relazione non mi interessa.

·      Quanto ha influito l’Accademia di Belle Arti in lei ?

Non ha influito più di tanto, è stata un’introduzione all’ambiente artistico dove ho imparato alcune cose basilari ma sostanzialmente è stato un luogo di solitudine.

·      La cultura nuragica è presente nelle sue opere?

Solo formalmente e in alcuni lavori. Molti mi avvicinano a questa cultura per motivi esteriori e poco convincenti : l’origine sarda, l’uso del bronzo, la patina verde…E’ una lettura semplicistica che non tiene conto delle tematiche che cerco di sviluppare.

·      Lei è nato in Sardegna. Cambiare ambiente e incontrarne uno così diverso, quanto ha influito?

Una persona si porta dietro dei legami: la struttura dell’artista è quella del viaggiatore, un viaggio che può avvenire in modo fisico o attraverso un percorso della propria mente. Non c’è trauma nel lasciare un luogo, non sento di essermi distaccato da una terra perchè l’atmosfera che vivo qui è quella che cercavo. Mi sono mosso in base allo sviluppo della mia vita e , cercando , porto dentro le mie origini.

·      Ha mai spiegato un’opera?

Per insistenza , facendo delle mostre, ho spiegato il significato di alcune mie opere ma ho notato più disagio che chiarezza di fronte alla mia interpretazione. A Brescia durante una mostra mi è capitato che alcune persone mi abbiano voluto incontrare. Non sapevo da dove cominciare e iniziai dal mio percorso. La gente non vedeva ciò che vedevo io ed è venuta a meno la loro interpretazione, è decaduta la piacevole fruizione e alla fine, con la mia spiegazione, le opere non piacevano più ..quindi mi sono fregato con le mie stesse mani !

·      La spaventa il fatto che spesso le sue opere hanno però bisogno di spiegazione?

No, se c’è un contesto adatto le spiego, anche se non volentieri. Ritengo però che ognuno possa leggerle o perlomeno sforzarsi di leggerle.

·      Sarebbe però interessante conoscere il motivo che ha fatto scaturire un’opera..

No, a lei interessa perchè studia la storia dell’arte. La spiegazione di un’opera però non la si può usare come prima via d’accesso per apprezzarla nè per tentare di avvicinarsi all’intensità con cui l’ha fatta l’artista.

·      Come giudica la sua arte …complessa?

Tutto è legato ai simboli. Per leggere un’opera d’arte è necessario avere dei punti di riferimento, avere uno sguardo verso l’uomo , verso i suoi limiti e le sue possibilità: allora il discorso è simbolico, ma comprensibile. Ne “La donna cariola” non c’è una iconografia precisa, non c’è complessità ma volendo la si può trovare perchè è un’opera carica di simboli. La simbologia contemporanea è legata oggi al design, a dei codici comuni più che all’arte. Non reputo le mie opere complesse ma forse legate ad una simbologia ormai poco usuale. Non so dare un giudizio sulla mia arte , la vivo e basta, a volte con più fatica.

·      Perchè una persona dovrebbe comprare una sua opera?

Perchè piace l’opera, perchè ha soldi da buttare via, perchè ha degli spazi da riempire…Basta che mi paghi!

·      Ma lei che rapporto ha con il denaro?

I soldi sono uno strumento, servono ma non ho un attaccamento ulteriore ad essi ; in genere ne uso buona parte …di nuovo per l’arte, perfezionando il laboratorio.