“Ricerche 90” (1989)

Primitivo: primo periodo di ogni ciclo e di ogni civiltà, segno che ricorre nei tempi e nei luoghi, moto universale che sospinge l’uomo a rimodellare l’universo secondo le proprie rinnovate capacità creative alla ricerca del significato pieno dell’esistenza. Nella produzione artistica di Paolo Soro è evidente questa bipolarità, tra remoto e presente, tra assoluto e contingente, e la sua tendenza a ritrovare, ordinare, prefigurare, il mondo delle realtà immaginative ponendolo in rapporto con le lontane memorie e le attuali esperienze rivela il bisogno, insito nell’uomo, di abbandonare la quotidiana orizzontalità dell’esistere per riscoprire, attraverso l’intuizione dell’infinito, la dimensione verticale dell’essere. I materiali che Paolo Soro utilizza per le sue opere sono quelli appartenenti alla civiltà agreste (legno, pietra, ferro, bronzo) ma le forze opposte che percorrono le strutture ricostituendosi a volte in precario equilibrio, in strappo, o in stasi, sono le stesse che dinamizzano il nostro agire e che determinano il nostro sentirci protesi tra cielo e terra, tra conquista e sconfitta. Così lo scultore innalza il suo segno che è missile e freccia contenente sulla sommità l’occhio: un gesto primordiale comprendente nel suo manifestarsi il desiderio di essere testimone e strumento del presente, un desiderio che trasforma l’oggetto plastico in antenna eretta per percepire i venti del futuro, in arco teso per proiettare l’uomo – dardo verso spazi sconosciuti, in “messaggero” e “profeta” di nuove parole, in “angelo fuggiasco” che si protende per staccarsi dal punto fermo che lo stringe a sé opponendo il volo vuoto delle sue ali di ferro alla salda presenza della pietra e in “portatore di pesi” che riconduce entro la stabilità delle sue coordinate ogni moto reale, ogni esistenza razionale e spirituale, rendendo vana, per contrasto, la pretesa dell’uomo di proclamarsi indipendente da ciò che per sua natura si costituisce come unica origine e forma del tutto.