“Il richiamo degli archetipi” (1995)
[postilla per Paolo Soro]
Le piccole sculture in bronzo realizzate di recente da Paolo Soro, allineate l’una accanto all’altra sugli scaffali dello studio a Carpegna, ci parlano della sua terra nativa, del magico mondo della cultura nuragica, dei riti votivi o di quelli che ricordano esorcismi di lontana origine paleolitica. È un repertorio quello proposto dall’artista sardo, ormai da tempo marchigiano, che spazia in più direzioni, ora sondando il fertile terreno dell’iconografia “domestica” nella seducente funzione di iniziatrice dell’immaginario come in La Cattedra del 1991 o anche in Donna carriola del 1993; ora lasciando affiorare le forme dettate dalla memoria antropologica, di racconti plasmati dall’argilla come per la bellissima Arca del 1991; ora riscoprendo il valore e la funzione dell’archetipo come è per il Grande Padre e per l’Archetipo femminile, opere entrambe del 1991. per Paolo Soro la scultura è il luogo ideale ove poter tessere i fili tra il presente e la sua storia , nel giusto equilibrio di un dettato compositivo che sia, innanzitutto, espressione di quella coscienza che anima ed agita questi ultimi anni del secondo millennio. Nell’artista non c’è nessun tentativo di cedere al piacere formale di un “primitivismo”, ormai divenuto di maniera nelle tante declinazioni del neoespressionismo, ne tantomeno di strizzare l’occhio ad una sorta di litografia “mediterranea” scoprendo nuove ed alternative strade a quanti affondano, con i ben noti risultati del “citazionismo” nostrano, nell’abbecedario della cultura classica greca. Per Soro il processo creativo non è altro che il risultato di un attraversamento di un nascosto “spazio” genetico; di quel luogo nel quale i suoni di antiche nenie, i rumori del vento, i ritmi e i colori prendono corpo e diventano magicamente le pulsioni che danno vita alle mani. Piccole statuine in bronzo come il bellissimo Don Chisciotte del 1993 o come la Portatrice di Doni dello stesso anno, richiamano, quasi sagome filiformi, gli allungati e snelli guerrieri nuragici provenienti dai centri di Albini, di Serri o di Usellus. Soro tenta di recuperare quel patrimonio culturale che serpeggia sul fondo roccioso del Mediterraneo, quei fili che costeggiano l’arcaismo greco, cercando in essi un rapporto con il mondo moderno, tentando, cioè, di sondare la sfera dell’animismo: il suo lavoro guarda ad un tempo futuro, ad un vento classico, inteso come vento di una nuova etica, capace di restituire alle forme dell’arte quell’anima persa nei rivoli delle mode.